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del 30/09/2008





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ARRETRATI

29-09-2008



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L'ombra lunga della criminalità dietro le denunce di scomparsa degli ultimi 18 anni. Ad aprire la stagione dei misteri, a dicembre del 1990, fu il presunto boss del San Paolo della cui morte si autoaccusò Annacondia
Da Tetè Diomede ai 5 casi di Bitonto: le 11 lupare bianche del Barese
Nicola Tursi

È il 7 dicembre del 1990 quando alla polizia viene denunciata la scomparsa di Antonio Diomede, alias Tetè, presunto boss del quartiere San Paolo. Una data per certi versi storica perché segna ufficialmente l'inizio dell'era delle cosiddette "lupare bianche" a Bari. Dell'omicidio e della conseguente sparizione del cadavere, nei primi mesi del 1993 si autoaccusa Salvatore Annacondia, la gola profonda tranese diventata collaboratore di giustizia. "Mano mozza", questo uno dei nomignoli del più loquace pentito pugliese, a investigatori e inquirenti fornisce una descrizione agghiacciante della morte di Tetè. "Era un favore a Savinuccio Parisi" dirà ai magistrati Annacondia. La scomparsa di Antonio Diomede scatena una cruenta guerra di mala coi Montani, l'altro clan del quartiere San Paolo, ritenuto responsabile (a quanto pare, a torto) della morte di Tetè. Subito dopo le confessioni di "mano Mozza", la polizia barese trova frammenti di ossa sotto i copertoni bruciati proprio nel posto indicato dal pentito tranese. Non è stato mai accertato se quei resti umani appartenessero davvero a Dio_me_de.
Da quel lontano giorno di quasi 18 anni fa, di omicidi senza ritrovamento di cadavere, nel Barese se ne sono verificati tanti.
In ordine di tempo, dopo Tetè Diomede, il caso più vecchio sicuramente riguarda l'andriese Michele Di Palma, negli anni '80 affiliato al clan Stallone-Rubino, svanito nel nulla dal lontano 1998. Il 18 maggio 2001 era anche lui tra i destinatari di un provvedimento di sequestro di beni, del valore di circa 23miliardi delle vecchie lire. I sigilli scattarono nei confronti del clan andriese dei Di Palma, capeggiato dal 51enne Raffaele, con precedenti penali per contrabbando, ricettazione, estorsione, rapina e finanche omicidio. Anche per Michele Di Palma venne chiesta l'applicazione della misura della sorveglianza speciale, pur essendo sparito già da tre anni. Molti erano Di Palma anche se non tutti parenti ma solo omonimi. Come Nicola Di Palma, oggi 43enne, sette anni fa rimasto ferito nell'esplosione accidentale di un'auto a gas che stava rubando, o Mauro Di Palma, fratello del boss Raffaele, finito in cella per contrabbando nel 2000. Dopo dieci anni si sono perse ormai tutte le speranze di ritrovare in vita Michele di Palma.
Eclatante il caso di Bitonto con cinque lupare bianche in ap_pena tre anni. Tra luglio e agosto di 5 anni fa sono svaniti nel nulla addirittura in tre: il 24enne Michele Pa_zienza, sparito dal 16 agosto 2003, Giuseppe Leccese (ricercato dal 30 luglio 2003) e Arcangelo Cantatore di cui non si sa più nulla dal 14 agosto 2003. Tutti non nuovi alle forze dell'ordine. I tre casi di lupara bianca per la polizia potrebbero essere un cambio di strategia da parte della mafia bitontina: gli omicidi con occultamento di cadavere richiedono tempi investigativi più lunghi a tutto vantaggio dei responsabili. I tre casi di lupara bianca rientrerebbero nella faida in atto dal 2002 tra i clan bitontini Conte-Cassano e Valentini-Semiraro. La soluzione dipenderà soprattutto dall'apporto che daranno agli investigatori eventuali collaboratori di giustizia. Solo nel caso di Pazienza, l'anno successivo, nell'ottobre del 2004 fu arrestato il cugino Tommaso, 37 anni, accusato di averlo attirato in una trappola.
Sono scomparsi nel nulla, inghiottiti da un buco nero, anche Giuseppe Cariello, 18 anni appena compiuti, e Giacomo Maggio, 26 anni, ritenuti vicini a clan locali, spariti dalla circolazione rispettivamente il 12 e il 24 agosto 2006. Di Cariello non si hanno più notizie dalla mattina del 12 agosto di sei anni fa quando uscì di casa. Giacomo Maggio, coinvolto in una inchiesta per un omicidio del 2003 e poi scagionato, è stato visto l'ultima volta dal padre verso le 15 del 24 agosto, a bordo di uno scooter mai ritrovato. Il 5 dicembre 2006 la polizia arrestò un 30enne pregiudicato bitontino ritenuto l'assassino di Maggio (reo di aver insultato pesantemente la moglie del presunto killer). Il fratello di Maggio qualche anno prima venne ucciso in un agguato di mala. Potremmo definirla a metà strada tra il classico omicidio e il sesto caso di lupara bianca bitontina, la morte di Arcangelo Colasuonno, 22 anni, ritenuto vicino a una frangia 'scissionista' del clan Valentini del centro storico. Scomparve il 6 novembre di due anni fa e venne ritrovato cadavere nel pomeriggio del 22 novembre successivo in un trullo nelle campagne tra Bitonto e Terlizzi. Il giovane aveva il volto sfigurato e mangiato dagli animali. La polizia accertò che era stato ammazzato con diversi colpi di arma da fuoco. Negli stessi giorni, ad Altamura, ancora una lupara bianca. Dal 21 novembre 2006 è irreperibile l'allora 32enne Biagio Genco, detto Gino, incensurato: suo fratello venne arrestato dai carabinieri pochi giorni prima della sua scomparsa. Venne sorpreso in auto assieme ad un noto pregiudicato armato di mitraglietta. Gli investigatori non escludono che l'altamurano sia stato ucciso per una vendetta trasversale.
Da Altamura a Canosa di Puglia per raccontarvi di un altro doppio mistero. A dicembre del 2003 non si sa più nulla di due piccoli pregiudicati. Sabino Sasso, 22 anni, e Ales_sandro Sor_renti, 27 an_ni, potrebbero essere stati eliminati dalla malavita di Canosa perché ritenuti personaggi scomodi o perché si sarebbero cacciati in guai grossi dopo aver messo le mani su attività illecite proibite. A distanza di quasi cinque anni dalla loro sparizione gli investigatori e i parenti non credono più all'ipotesi della fuga. I carabinieri hanno controllato in lungo e in largo gli anfratti più impervi della Murgia barese ma senza alcun risultato.
Mario Coluccia, 58 anni, originario di Galatina, nel Leccese, scomparve misteriosamente nel 2003, quando non fece più rientro nella sua abitazione di Noicattaro. È cognato del barese Matteo Fornelli, il presunto "re dei videopoker", già arrestato nel 2000 nell'operazione "Jolly" con cui fu smantellata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari una organizzazione criminale dedita al controllo di videogiochi truccati in molte province della Puglia e con collegamenti anche fuori regione. Molte le ipotesi sulla sorte di Coluccia (in questi anni anche destinatario di un provvedimento di sequestro di beni) dalla lupara bianca ad una fuga all'estero.