BARISERA 14-04-2003
Duro atto d'accusa del presidente della Margherita
di Bari, Michele Monno
PRIVATIZZAZIONI TRA RITARDI,
ERRORI ED
OMISSIONI
BARI - Una città "azzoppata"
da otto anni di governo del centrodestra, che non è stato
in grado di programmare sviluppo ed espansione attraverso i suoi
gioielli di famiglia, che sono le società ex municipalizzate.
E con un sindaco che, seppur imprenditore, si è mosso tra
una concezione aristocratica della cosa pubblica, in forte contrasto
con il libero mercato, ed una convinzione errata sulla differenza
tra settori d'intervento pubblico e quelli d'intervento privato.
Il presidente barese della Margherita, Michele Monno, spiega,
in questa intervista, i motivi del mancato sviluppo delle ex municipalizzate
di Bari e, soprattutto, dei grandi ritardi accumulati rispetto
ad altre città italiane e meridionali.
Il Comune si trova a completare, seppur in ritardo,
il delicato passaggio dalla gestione pubblica a quella privata
delle società ex municipalizzate. Come sta affrontando
questo percorso il capo dell'amministrazione di centrodestra?
"Oltre a ripetere le doglianze di sempre sull'annoso problema
dell'inesistente trasparenza amministrativa del Comune che non
permette a nessuno, al di fuori del ristretto gruppo di comando
del sindaco, di conoscere per proporre, penso sia utile, innanzi
tutto, sottolineare l'atipica concezione di Simeone Di Cagno Abbrescia
sui settori d'intervento pubblico e su quelli di pertinenza del
privato. Ho ascoltato una simpaticissima intervista televisiva
del sindaco sul teatro: il primo cittadino ha spiegato che il
parametro per fare un impresa-teatro deve essere il pubblico e
la vendita dei biglietti, attraverso cui si devono finanziare
le compagnie: una situazione da libero mercato. Per me questo
suo pensiero non è condivisibile: infatti il teatro, come
la lirica, come i musei, come le biblioteche o gli eventi culturali
non possono prendere la gran parte delle risorse dal libero mercato:
in tutta Europa e persino negli Stati Uniti d'America, l'intervento
pubblico incide dal 55 al 99 per cento. Altri sono i settori culturali
di libero mercato : l'industria e la distribuzione dei libri,
i giornali, le televisioni, le radio, il cinema, la moderna produzione
musicale.
Come si applicano le concezioni del sindaco al
processo di privatizzazione delle società comunali del
gas, dello smaltimento dei rifiuti e dei trasporti?
"Per operare sul futuro delle municipalizzate, bisogna avere
le idee chiare su quello che deve stare in ambito pubblico e quello
in ambito privato. Partiamo dal servizio di smaltimento dei rifiuti.
E' impossibile che ci sia una concorrenza in quell'ambito, perché
il settore dei rifiuti a Bari non può che essere gestito
da un'unica società di servizi, ma con criteri di efficienza
aziendale e con chiarezza di costi e ricavi, di investimenti e
di controllo del personale. Anche le leggi nazionali prevedono
che per le discariche, il pacchetto di maggioranza sia in capo
agli enti locali. E' diverso per i trasporti. Ci possono essere
delle fasi d'appalto che, però, devono tutelare tutto il
patrimonio esistente della città. Sicuramente la privatizzazione
interessa la distribuzione del gas. Il problema del Comune è
di realizzare le convenzioni con i futuri enti: di questo, guarda
caso, non se ne parla mai. E poi, non capisco perché il
sindaco non applichi alla Multiservizi le sue concezioni di libero
mercato esternate per i teatri e la cultura. La gestione di quella
società, a mio avviso, deve essere completamente affidata
ai privati, in quanto è inconcepibile che i servizi di
pulizia e la gestione del verde non debba essere appaltato a ditte
private esterne al controllo comunale".
Ritorniamo alla gestione delle ex municipalizzate
"Questo capitolo bisogna affrontarlo in rapporto alla situazione
esistente in tutta Italia. Non si possono evitare le analisi comparative.
Bari si trova in una situazione anormale: in rapporto al resto
d'Italia, siamo in decadenza da otto anni, da quando, cioè,
governa Simeone Di Cagno Abbrescia. Il problema non è quello
che il sindaco ha realizzato, per il verde, le sistemazioni urbane,
lungomare, Piano Urban eccetera. Ma quello che non ha fatto in
relazione alle altre città italiane. E' troppo comodo valutare
un amministratore, con 500 miliardi di vecchie lire disponibili
per la spesa, per quello che fa localmente, non rapportandolo
alla situazione nazionale, e anche meridionale. L'Amga di Genova,
per esempio, è quotata in Borsa da almeno cinque anni.
E Genova può essere paragonata a Bari: ha avuto le stesse
difficoltà economiche della nostra città".
Il ritardo accumulato dall'amministrazione di centrodestra, può
portare ad un percorso negativo per le ex municipalizzate?
"Stiamo al di fuori del bene e del male. Le aziende municipalizzate
di altre città, che hanno già perfezionato l'iter
della privatizzazione (quasi dappertutto il comune ha mantenuto
la proprietà al 51 per cento) e sono collocate in Borsa,
sono ormai autrici di appalti e convenzione anche in altre città,
con fusioni e associazioni d'impresa con altre entità.
Lì siamo, dunque, in una fase di gran lunga più
avanzata. Noi dobbiamo scontare il ritardo degli otto anni del
sindacato di Simeone Di Cagno Abbrescia, e cominciare, quindi,
a fare un bilancio. E' evidente che Di Cagno Abbrescia non ha
le idee chiare sulla funzione dell'ente locale rispetto alle necessità
pubbliche. Che lui continui a tagliare i servizi sociali, per
gli anziani e portatori di handicap, la cultura, lo sport, non
è una corretta visione del mondo, forse neanche per lo
stesso centrodestra. C'è l'atipicità di un sindaco
di centrodestra che esprime una componente più aristocratica
che popolare. Per la privatizzazione dell'Amgas, mentre a Bari
si palpita, non ci si rende conto che a Genova, Bologna, Milano,
Brescia, Modena è tutto già avvenuto. Bisogna aprire
gli occhi: la quotazione in Borsa favorisce la trasparenza amministrativa
di queste società. Ecco perché Bari, che doveva
avere nelle tre ex municipalizzate il motore del suo sviluppo
e di quello dell'intera regione, sta fuori, in ritardo su tutto".
Dobbiamo, dunque, subire un percorso subalterno
rispetto alle strategie delle società di altre città?
"Più che subalterno, si tratta di scontare concezioni
da vecchio meridionalismo. Bari è in ritardo nell'avere
aziende efficienti che possano prendere commesse in altri comuni,
e promuovere lo sviluppo. Questo è drammatico, ed è
piena responsabilità dell'amministrazione di centrodestra,
nonostante sia capeggiata da un sindaco imprenditore. Dobbiamo
immaginare delle aziende miste (con il 51 per cento di proprietà
pubblica) che sarebbero già dovute essere nella dinamica
degli accordi tra imprese, ed aver stipulato convenzioni con il
comune e i cittadini. La convenzione significa la concessione
delle reti cittadine, frutto di investimenti pubblici quindi di
proprietà pubblica, in cambio di un chiaro operato nell'erogazione
dei servizi".
Il comune deve garantire che il passaggio dei
suoi beni possa, contemporaneamente, assicurare i servizi ai cittadini,
e creare gli strumenti per sviluppo della città?
"Siamo in forte ritardo. Bari è stata 'azzoppata'
da questi otto anni di governo del centrodestra, che, invece di
programmare una fase di sviluppo attraverso le ex municipalizzate
stesse o le grandi questioni territoriali come la Fiera del Levante,
ha fatto semplicemente municipalizzare tutti i servizi che erano
oggetto di appalto pubblico. Il monopolio della Multiservizi,
infatti, non può essere condiviso: è una delle prime
aziende da privatizzare e immettere sul libero mercato. Non può
il comune affidare a se stesso servizi di tutti i tipi. E' una
visione sovietica brezneviana".
Cosa si può, e si deve, ancora fare?
"I manager sono scelti da chi vince. Bisogna mettersi d'accordo
sugli obiettivi da dare ai manager e sulla non protezione politica
dei dipendenti interni. Se ciò non accade, non avremo mai
delle aziende compiute e competitive, che possano portare benessere
per la città, per i lavoratori, e per l'espansione. Bari
non ha niente da inventare, basta copiare. E, persino nel 'copiato',
l'esperienza di Di Cagno Abbrescia è stata negativa".
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